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Maximilian Büsser/F in rete

Non è la Marca orologiera MB&F, ma quello che comunque poteva essere il titolo dell’incontro virtuale promosso da Job Watch ieri, 25,10.2021, con la F a identificare gli amici di Max, che lo hanno ascoltato per tre quarti d’ora, parlare della sua vita, delle sfide, delle scelte.

Yesterday, during the virtual meeting organized by Job Watch, Max Büsser spoke to a lot of Friends (the F of our article title) about his life and choices; as usual like a river not easy to stop…

Con una mimica non solo facciale, ma anche delle mani, abitudine presa probabilmente durante i suoi soggiorni nel nostro Paese che conosce bene, questo geniale imprenditore ha mostrato anche una parte segreta, raccontando di aver pianto quando durante il lockdown provocato dalla pandemia, ha dovuto rinunciare ai suoi collaboratori e chiudere l’impresa in attesa che il peggio passasse.

Oppure confessando di non aver mai pensato a dirigere una grande impresa (cosa che invece poi ha fatto, mettendo in pratica idee rivoluzionare, come quella di unire maestri orologiai per proporre segnatempo innovativi). Dopo gli studi al Politecnico di Losanna in ingegneria micromeccanica, ci sono stati molti anni da Jaeger-LeCoultre nel marketing, un impegno gravoso sia per le distanze tra la Vallée de Joux, Ginevra e Losanna sia, soprattutto, perché alla fine del secolo scorso l’orologeria viaggiava a compartimenti stagni anche all’interno dello stesso Marchio. E per uno come Max che ipotizzava team aperti e in campi diversi, quasi una Tavola Rotonda di Re Artù (anche senza il Re) bisognava fare un cambiamento.

Cambiamento che arrivò, alla fine del secolo scorso, con la responsabilità del comparto orologiero di Harry Winston in Europa, impresa non facile con la Casa Madre oltre Oceano e con il progetto rivoluzionario degli Opus: uno all’anno realizzato in tiratura limitata con grandi Maestri Orologiai; il primo fu François Paul Journe, il secondo Antoine Preziuso e via via tanti altri grandi nomi per una quindicina di anni, polarizzarono l’attenzione di tutto il mondo, noi giornalisti compresi che arrivavamo a Baselworld, nello stand HW pronti a stupirci con orologi inediti che, salvo qualche raro caso, avevano tramutato in realtà funzionanti concetti visionari. Di anno in anno si parlava così di Harry Winston, accomunando le novità proposte al mercato a questa idea in continuo divenire.

Il secondo cambiamento fu la fondazione di MB&Friends, nella quale Max mise tutti i suoi risparmi senza porsi traguardi di guadagni (finora l’impresa ha perso e guadagnato in un equilibrio soddisfacente) riuscendo a unire personaggi molto diversi tra loro, ma uniti dal talento, dalla meccanica dei movimenti al design. A chi gli ha chiesto di identificare il cliente tipo degli orologi MB&F, ha risposto che il denaro non è tutto, che bisogna sempre arrivare a un equilibrio, con buon lavoro, ma che per prima cosa il cliente deve avere passione per gli orologi; quella passione che accomuna persone diverse per nazionalità, studi, competenze.

Dietro a tutto quello che questo imprenditore ha realizzato (e non si può dimenticare la galleria ginevrina MAD dove vengono esposte opere d’avanguardia, non necessariamente orologi) c’è un temperamento curioso, una voglia di imboccare nuove strade; un uomo però dall’infanzia tranquilla con genitori affettuosi anche se, come tanti altri bambini, Max aveva un amico segreto (ricordate il film Harvey con James Stewart?) che poi si è tramutato in un orologio, Balthazar. Un uomo che in età matura (a 46 anni) è diventato papà riuscendo a suddividere il suo tempo tra lavoro e famiglia e che è sempre un fiume in piena, difficile da fermare, quando inizia a parlare di orologi con i quali stupirci. Così, buon lavoro Max.

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