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A tu per tu con Laura Gervasoni

Il primo articolo che nel 1987 ho scritto sulla rivista di cui ero direttore responsabile da poche settimane, è stato la storia di Patek Philippe e, dopo 27 anni, nel 2014 la prima intervista pubblicata su soloPolso è stata quella al direttore generale di Patek Philippe Italia, Laura Gervasoni. Non per sottolineare l’importanza della memoria (merito del buon Dio o dei geni trasmessi dagli antenati), ma perché non ci si può accontentare solo del presente, questo è fatto di tante vecchie tessere che compongono il mosaico della vita.

After 5 years an interview to Laura Gervasoni, general manager of Patek Philippe Italia; first interview was about Patek Philippe 175° Anniversary, today in pole position Twenty-Four 20th anniversary and behavour of public about watches.

Cinque anni fa il tema della conversazione con Laura fu soprattutto il 175° anniversario della Marca, oggi, tralasciando le illazioni che periodicamente tornano in rete su vendite e cessioni per fare “audience” (un po’ come i prezzi civetta in un supermercato), mi interessava conoscere il cambiamento del pubblico, ammesso che si fosse verificato, nel rapporto con gli orologi.

Laura Gervasoni, direttore generale Patek Philippe Italia

“Rispetto al passato – dice Laura Gervasoni – noto una cosa fondamentale. Non si ha più pazienza di aspettare, esce un nuovo modello e tutti lo vorrebbero immediatamente! E’ difficile far comprendere che la nostra produzione da qualche anno è invariata (nel 2016 sessantamila orologi all’anno, tra movimenti meccanici e al quarzo; di questi 52.000 meccanici e 8000 al quarzo da donna, n.d.r.) mentre la richiesta continua a crescere, in particolare per le collezioni sportive. I “nuovi” clienti hanno difficoltà nell’acquisto dei nostri segnatempo proprio perché anche gli acquirenti più “anziani” e “fedeli” al marchio acquistano ogni novità e vengono ovviamente serviti dai nostri retailer con priorità. Sono inoltre cambiati i rapporti con la distribuzione che anche noi cerchiamo di ottimizzare sia a livello mondiale sia in Italia; stiamo valutando ovunque la riduzione dei concessionari, non vogliamo chiudere e basta, vogliamo poter dare un servizio migliore, in linea con l’immagine del nostro marchio ed adeguato al territorio. Oggi il pubblico chiede orologi facili da portare e la donna cerca dettagli ai quali prima era indifferente, per esempio il sigillo Patek Philippe, marchio di qualità totale istituito nel 2009, è diventato molto importante anche per il pubblico femminile”.

Sull’entità della produzione la domanda è spontanea: aprirete a breve una nuova struttura vicino a quella storica nata nel 1996 a Ginevra e Laura Gervasoni risponde: “In tale struttura verranno spostati i reparti di produzione casse e bracciali che attualmente si trovano nel sito di Perly oltre a tutta la produzione di componenti collocata nel sito da noi chiamato PP5. Quest’ultimo verrà demolito e saranno costruiti dei parcheggi.

Patek Philippe, che nel 1996 contava 600 dipendenti con un aumento progressivo che fu alla base del trasferimento a Plan-les-Ouates, nel 2003 aveva superato nel mondo quota 900 arrivando nel 2016 a 2200, adesso è a 2250 di cui però solo 200 sono orologiai qualificati.

Il Twenty-4 automatico, il movimento di Manifattura è il Calibro 324 S; la nuova chiusura brevettata del bracciale

Quest’anno la Maison festeggia i 20 anni del Twenty-4, con un automatico dotato del Calibro 324 S, cassa rotonda ø 36 mm in oro o acciaio. Nell’immaginario di molti appassionati Patek Philippe è sinonimo di orologi maschili e per di più complicati (si stima che la produzione veda un 70% di orologi da uomo contro un 30% da donna), ma già nel 1988 alla Fiera di Basilea la Marca rivendicava la sua storica attenzione verso il pubblico femminile con un Lady Nautilus sportivo e preziosi modelli La Flamme, ricordando come il primo orologio svizzero da polso in versione lady fosse stato realizzato nel 1876 per la contessa Koscowicz, mentre risaliva al 1916 il primo modello femminile complicato.

Twenty-4 del 1999 in acciaio e oro rosa

Così l’anteprima, nell’aprile 1999, del Twenty-4, cassa in acciaio levigato (mm 25,1×30) e diamanti, quadranti nero, grigio, bianco, disponibile sul mercato dall’estate, segnava una svolta anche per il prezzo abbastanza accessibile.

 

Il movimento era al quarzo, ma un quarzo di Manifattura: il Calibro ultrapiatto E15 (spessore mm 1,8 ai ponti, trattati ad anglage e lucidati) con platina tonneau e decorazione perlé; sul modulo elettronico, per altro invisibile visto che il fondo dell’orologio era chiuso, in nero su fondo oro un motivo delle croci di Calatrava. Nel 2000 arrivarono le versioni in oro rosa o bianco e nel 2001 un Haute Joaillerie in oro rosa o bianco impreziosita da 671 diamanti taglio baguette (39 sul quadrante, 24 sulla cassa mm 24,1×38, e 367 sul bracciale).

Il nuovo Twenty-4 Automatic, presentato con lancio mondiale a Milano nell’ottobre scorso, sarà dunque protagonista indiscusso alla prossima Baselworld ma, secondo le previsioni di Laura Gervasoni, anche gli appassionati di orologi importanti, ma facili da indossare, non resteranno delusi. Infine un’ultima considerazione sul prezzo che per molti continua a mantenere anche il Patek Philippe più modesto nell’ambito dei sogni.

Per Laura Gervasoni il valore di un Patek Philippe è legato senz’altro all’aspetto economico ma non fine a se stesso (senza per altro pensare a quello speculativo) Si tratta di un investimento per il futuro sia per il valore effettivo dell’oggetto, sia per il valore affettivo che coinvolge un possessore di un Patek Philippe e le generazioni future che lo riceveranno in dono.

 

 

 

 

 

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