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Rolex: Centro assistenza a Milano

A Milano in viale Filippetti, uno dei grandi viali di scorrimento del traffico, c’è un edificio tanto moderno quanto anonimo. Ci sarò passata davanti centinaia di volte, sapevo che in quella zona aveva aperto il Centro assistenza Rolex, ma non mi ero resa conto che fosse al n°9, forse anche perché a Ginevra ho sempre visto il logo svettare nel cielo.

 

Qui invece low-profile, anche se ci hanno pensato architetti e fornitori di sistemi e prodotti a spiegarli nei loro siti Internet, giustamente orgogliosi dei risultati raggiunti. In effetti tanto è understatement l’edificio altrettanto imponenti sono le soluzioni tecnologiche adottate, soprattutto in fatto di progettazione architettonica, illuminazione e risparmi energetici.

Il Centro Assistenza Rolex a Milano

Artigianato razionalizzato diceva l’arch. Franco Albini, che nel 1930 ha impresso una svolta all’architettura degli edifici. Nel 2015 lo Studio Albini Associati ha ideato il progetto per Rolex scegliendo una soluzione a V che consente già all’ingresso la vista sui tre piani interni dove i parapetti in vetro fanno sembrare tutto più ampio; la zona dove lavorano gli orologiai e le sale riunioni non hanno pilastri e gli spazi possono facilmente essere modificati. Logistica e magazzino sono nel seminterrato su due livelli.

A ogni piano c’è una zona relax; almeno per ora, però, sul tetto non ci sono le piante aromatiche e le viti con relativi grappoli d’uva nell’ampio giardino pensile sopra la sede internazionale (ne abbiamo scritto il 7 marzo 2013).

il Centro assistenza Rolex in via Filippetti

All’esterno, tra i vetri stratificati della facciata, mille elementi mobili perforati in acciaio inox (spessore 1 mm) perfettamente levigati, si spostano seguendo il sole; dall’interno si vede l’esterno ma non accade il contrario. nell’ultimo piano gli elementi frangisole interni sono rivestiti in legno. Il comfort è garantito per riscaldamento e raffreddamento da una pompa di calore geotermica collegata a tre pozzi di 60 metri scavati sotto l’edificio; ogni sala è dotata di un sensore di luce, la ventilazione è mista – naturale e meccanica – sul tetto della sala riunioni sono installati pannelli fotovoltaici. Da non dimenticare poi nel Centro lo spazio per la scuola di formazione e post-vendita.

Quest’anno in maggio Rolex Italia ha invitato la stampa, accompagnando i giornalisti specializzati lungo le tappe seguite da un orologio arrivato per la revisione. C’è un buon equilibro numerico tra orologiai e orologiaie, ogni postazione di lavoro è perfettamente attrezzata sotto il profilo tecnologico e della praticità, i collegamenti telematici consentono di richiedere il pezzo necessario alla lavorazione e di riceverlo in tempi brevissimi dal magazzino che, ovviamente in scala minore, ripropone l’operatività realizzata in Svizzera a Bienne dove il magazzino che misura m.40x27x10 è totalmente automatizzato e conta 14 robot che si muovono alla velocità di tre metri al secondo su un percorso di Km 1,2.

Quello che impressiona è l’organizzazione dei servizi. Il Centro è stato costruito esclusivamente per i concessionari che, ove non riescano con i loro laboratori a eseguire le necessarie riparazioni, inviano l’orologio a Milano. A testimonianza della serietà aziendale c’è una procedura, che tutti possono vedere su Internet per la revisione e le sue 10 fasi; mentre esiste un prontuario con i prezzi uguali per tutta Italia. Prima di avviare la lavorazione il cliente viene avvertito della cifra che il lavoro comporta e deve dare il suo consenso.

A proposito di interventi sarebbe interessante conoscere, almeno a grandi linee, quali sono i punti deboli (chiamiamoli così) delle diverse referenze e certamente ci sarà una statistica interna; per quanto ne abbiamo saputo molte riparazioni si concentrano sulla corona che non viene perfettamente avvitata dall’utente e di conseguenza su infiltrazioni di umidità o su mancate periodiche revisioni per controllare la tenuta stagna della cassa e la situazione delle guarnizioni.

Proprio su questi ultimi punti ricordiamo un aneddoto: in una grande città del Mezzogiorno un orologio di una Marca storica di altrettanto prestigio, venne legato dal proprietario a una sagola di cento metri e poi lasciato scivolare in mare dal motoscafo in movimento…e per due volte l’orologio tornò dall’allibito concessionario che solo alla seconda ebbe il coraggio di chiedere “scusi dotto’, ma a questo orologio che ci fate?”. Che i proprietari trattino gli orologi come se dovessero funzionare per sempre e senza mai fermarsi purtroppo è una pessima abitudine, e che non tutti sappiano che i 100 m. sono garantiti alla pressione che si sviluppa in un macchinario e non certo fra le onde, è altrettanto vero: l’aneddoto ricordato è al di fuori da ogni logica e poiché si è verificato molti anni fa, c’è da augurarsi che oggi nessuno sia tentato di seguire quell’esempio “fai da te”.

 

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